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La Crisi Psicologica: l' importanza di Saper Cambiare

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Il linguaggio di tutti i giorni la parola “crisi” è onnipresente. Qualsiasi evento, di qualunque portata esso sia, sembra rientrare in questo termine ombrello: se non si lavora, se c’è una guerra, se l’adolescente sta chiuso in camera, se due coniugi litigano, se non si riesce a trovare senso un alla propria esistenza, si ricorre sempre ad esso.

Il più delle volte, dinanzi a queste più svariate situazioni, si tende a dire “facciamo passare la crisi e tutto si aggiusterà”. Ma se il linguaggio utilizzato riflette, almeno in parte, il modo di procedere psichico possiamo notare che il “passata la crisi tutto si aggiusterà” implica che per superare ciò che è fonte di crisi si auspica un ritorno allo status psichico antecedente la crisi stessa. Ciò, pensandoci un attimo, è di fatto impossibile. E’ come se l’adolescente chiuso in camera citato poc’anzi, anziché affrontare i nodi della sua adolescenza, se ne stesse li a cullarsi nell’idea di rimanere bambino; oppure è come se i due partner in conflitto volessero semplicemente tornare ad un prima della loro relazione, senza tener conto di quanto accaduto nel frattempo. In questo modo di procedere psichico si tende a considerare la crisi la causa di un problema, e non invece l’effetto di un qualcosa che non poteva più funzionare nel modo consueto. In realtà non è così.

La parola crisi trae la sua origine dal greco krisis, che a sua volta viene da krino, ovvero separo e in senso lato discerno, valuto, giudico. Nella medicina ippocratica il termine crisi esprimeva per lo più un concetto, soleva infatti indicare il momento in cui il decorso di una malattia tende ad evolversi in senso favorevole o sfavorevole. Traslando il concetto in ambito psicologico, Sifneos (1982) definisce la crisi uno stato di sofferenza così intensa da costituire un punto di svolta decisivo verso un miglioramento o un peggioramento della propria condizione psichica. Un autore che si è ampiamente dedicato nello studio del processo di crisi è Paul Claude Racamier (1985). Questo studioso ha sottolineato come per poter parlare di crisi psicologica è necessaria la presenza della rottura dell’equilibrio psichico precedentemente raggiunto. La crisi implica quindi la necessità di saper cambiare, e “costringe” a trovare un nuovo modo di relazionarsi al proprio mondo interno e all’ambiente esterno. In parole molto semplici, la crisi psicologica impone il raggiungere un nuovo equilibrio psichico, e proprio in virtù di ciò costituisce inevitabilmente, oltre che un momento difficile e delicato, anche un’opportunità.

Ma come si può arrivare ad un nuovo equilibrio psichico? Ovviamente il tutto non è né facile, né così immediato, ma un buon percorso terapeutico può essere molto utile in tal senso. A ben vedere, ogni equilibrio psichico poggia su un insieme di valori sottostanti esso che nel complesso formano l’identità personale di un individuo. Da questa prospettiva, una crisi psicologica obbliga a “rivedere”, e talvolta a “rifondare”, la propria identità. Ma facciamo qualche esempio. Spesso e volentieri in analisi capitano persone rigorosamente cattoliche che si trovano in uno stato di vera e propria crisi esistenziale. Da una parte sono orgogliose della loro fede, la avvertono come un’ irrinunciabile linfa vitale, e ci tengono a coltivare il loro senso di appartenenza; dall’altra divengono di frequente schiave dei precetti morali che la Chiesa raccomanda. Un paziente cattolico, già abbondantemente trentenne ma non sposato, si trova a vivere una relazione pluriennale senza sessualità (la Chiesa, come noto, è contraria a rapporti pre-matrimoniali) ed entra in profonda crisi nel momento in cui la relazione finisce; un altro paziente può per esempio non riuscire a separarsi psicologicamente dai genitori, anche quando li considera la causa dei suoi problemi, perché teme di non stare così ad “onorare il padre e la madre”. In queste situazioni l’analisi potrebbe aiutare nell’elaborare un modo più personale di vivere i propri valori, senza che essi vengano rinnegati e senza rinunciare alla propria fede. In un certo senso è un processo di rinnovamento di se stessi. Questo processo di rinnovamento di se stessi nelle fiabe viene spesso raccontato, ha osservato Von Franz (1979), attraverso la sostituzione del vecchio e malato re con l’ascesa al trono del nuovo re, capace di saper adattare i vecchi valori del regno al moderno spirito del tempo. Non a caso, è spesso il figlio re a divenire il nuovo re: come a dire rinnovamento e continuità che vanno di pari passo.

Altre volte in analisi arriva il paziente che è in crisi perché si sente insignificante, come se non avesse più nulla dire alla vita. Può essere il caso di un uomo da affari che ha realizzato tutti i suoi obbiettivi familiari e lavorativi. D’un colpo il fare, il costruire, il denaro, non gli parlano più. Deve poggiare su una nuova identità per andare oltre la crisi: può per esempio aver trascurato il lato spirituale della vita, ed è quindi il caso che si avvicini a questa dimensione. Jung a tal proposito ha più volte ribadito che ciò che fa forte l’uomo nella prima metà della vita è contemporaneamente ciò che lo limita nel vivere pienamente la seconda metà.

Esempi di tali situazioni di crisi psicologica potrebbero essere molto più copiosi, e meriterebbero uno spazio ben più ampio, ma in questo contesto preme sottolineare come la crisi psicologica non meriti di essere trascurata, bensì ascoltata ed interrogata. La crisi si affronta fermandosi a riflettere e divenendo più consapevoli dei vissuti, dei conflitti, e della storia personale che essa nasconde. La crisi, sostanzialmente, si affronta salpando per quel viaggio interiore, affascinante e fonte di timore allo stesso tempo, che permette di scoprire ed esplorare nuove possibilità esistenziali.